C’è stato un tempo in cui le canzoni si lanciavano in radio e si aspettava che la radio le riproponesse per poterle riascoltare. Il tormentone dell’estate 2017, invece, è stato lanciato sui social, si ascolta solo sui social ed è stato creato non da un cantante ma da un social influencer. A sole 24 ore dal lancio, il video aveva collezionato già 3 milioni di visualizzazioni. Era il lontano 2005 quando venne fondato YouTube e già si poteva ipotizzare che il video-social sarebbe diventato la spina nel fianco di uno dei tradizionali strumenti di comunicazione. Da allora sono passati 12 anni e di musica in radio si fa difficoltà a parlare: il concetto di musica è nettamente cambiato. Si parla di musica intendendo un “prodotto liquido” che passa da un sito e arriva ad uno smartphone. La musica viaggia in forma dematerializzata: grazie allo streaming musicale si può accedere a una libreria di tracce audio infinita, consultabile in qualsiasi luogo e con qualsiasi dispositivo. Complici di questo fenomeno, sono state sicuramente piattaforme come YouTube, Shazam, Spotify e Deezer. Per restare al passo con i tempi le radio hanno piantato le proprie radici sul web e hanno lanciato lo streaming. Ma come questo ha inciso sul triangolo radio-case discografiche-artisti? Quella tra artisti e case discografiche è una relazione complicata così come lo è quella tra le major e le emittenti radio. Per definizione le radio sono indipendenti, certo. Ma nella loro lunga storia non sono mancate le battaglie per le radio pulite con tanto di denuncia al Garante per l’Editoria. Non a caso, abbiamo assistito, alla nascita di etichette radiofoniche che producono artisti propri, ovviamente restringendo sempre più il campo agli artisti sotto etichetta indipendente: la Rai possiede Edizioni Usignolo e Font Cetra, Mediaset possiede Edizioni RTI Music, Rete 105 e Radio Montecarlo la Kromaki edizioni musicali, RTL 102.5 la Baraonda Edizioni Musicali, Radio Dee Jay l’omonima etichetta e così via. Il fenomeno ha prodotto una vera e propria chiusura, un circolo vizioso in cui c’è sempre chi fatica ad emergere. I social media hanno rotto, in un certo senso, il traignolo radio-case discografiche-artisti, dando spazio a cantanti come Ed Sheeran, Justin Bieber, Benji e Fede, Fedez e Rovazzi che, grazie a questi strumenti, hanno costruito autonomamente la propria popolarità. C’è stato anche chi, come Gianni Morandi e Laura Pausini la fama l’aveva già conquistata prima che i social spopolassero, ma hanno utilizzato questi per instaurare un profondo rapporto con i propri fan. Ma come mai la radio non suona gli stessi ritornelli di YouTube? Una risposta potrebbe essere legata al fatto che si tratta di canzoni e annessi video pensati per i social, per cui di difficile adattabilità alla radio, ma tutto qui? Nessun conflitto di interesse? Difficile poter dare un’interpretazione netta ma un dubbio è pur sempre lecito.


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