Nel web 2.0 la parola d’ordine è “condividere”, se non condividi non sei nessuno. E come si fa per condividere? Bisogna avere dei contenuti accattivanti. Sembra quasi che il web abbia assunto una dimensione più concreta e all’immagine anteponga la sostanza. Per questo occorrono un insieme di testi che non devono rimanere sterili e fermi sulla pagina, ma che devono diventare vivi, creare discussioni e coinvolgere. Come creare questo tipo di testi? Anche in questo caso la letteratura inglese ci viene in soccorso e assegna un’etichetta a un’attività spesso sottovalutata ma quanto mai importante, si chiama SEEDING.

Seeding, di cosa parliamo?

Consiste nell’inserire spunti ad hoc e conversazioni all’interno delle comunità social, contenuti che vengono costruiti con cognizione di causa, attraverso il tono giusto e gli argomenti azzeccati, per diventare un entusiasmanti in un contesto nuovo o già creato. Anche la figura che se ne occupa ha un nome fatto su misura per lui: il seeding specialist o il content creator. Ovviamente i contenuti che mette on-line devono essere interessanti e appetibili per gli utenti, creativi, alternativi. Qual è l’obiettivo? Creare un traffico qualitativamente ampio, farsi leggere e permettere agli utenti di interagire a partire dai contenuti. Perché? Perché più una pagina viene letta più sale nel ranking dei motori di ricerca, risultato di prestigio ma non solo. Per un’azienda promuovere il proprio prodotto significa contattare quante più persone possibile e fare in modo che la gente la trovi. E come fare per farsi trovare? Piazzarsi tra i primi risultati di Google significa che le persone mi trovano facilmente e mi contattano in pochi clic. Proporre dei contenuti interessanti sui social network significa aumentare le visite, migliorare le statistiche relative alla propria pagina, aumentare i link al proprio sito.

No contenuti, no Google

Qual è allora il segreto? Creare dei contenuti Google friendly non è complesso, se si tiene a mente la questione delle parole chiave, le parole più cliccate nel web. Google e gli altri motori di ricerca, funzionano proprio così: operano la propria indicizzazione in base ai contenuti della pagina. E qui la chiave di volta: il testo è la parte più importante della nostra pagina. Per farlo occorre rispettare alcuni piccoli stratagemmi:

-    il titolo deve contenere le keyword dell’articolo;

-    occorre strutturare graficamente il contenuto, di modo che non appesantisca la lettura, perciò il post deve essere suddiviso in paragrafi, con eventuali sottotitoli esplicativi (anche lo spazio bianco migliora l’usabilità di un sito, guidando l’utente nella lettura);

-   è necessario grassettare le parole più significative, che riassumano i concetti più importanti e spingano a proseguire la lettura (nella lettura veloce è stato dimostrato che si prosegue leggendo solo titoli e parole in evidenza);

-    inserire link di rimando a risorse interne o esterne utili per l’argomento trattato, per aumentare il traffico e il volume di link che puntano al blog o che arrivano al sito;

-    utilizzare un linguaggio appropriato, adattato all’argomento di cui si parla, e che al tempo stesso spinga ad agire, invitando a una call to action;

-    video e foto non vanno assolutamente eliminati, perché aumentano i clic, ma devono essere studiati in relazione all’argomento proposto e poi condivisi sui social.

Anche il corredo grafico è, infatti, fondamentale. Per questo si possono introdurre strumenti alternativi come le infografiche (immagini che però, non a caso, contengono molto testo), elementi grafici che incuriosiscono e spingono a leggere. Perché nel social sharing si condivide di tutto e perciò occorre attirare l’attenzione, un’attenzione mirata verso il target di riferimento. Come fare per far rimbalzare gli argomenti, farli condividere? Un po’ di sano cross posting non guasta, altra espressione inglese che indica l’inserimento dello stesso messaggio su strumenti on-line differenti. Perciò è indispensabile per un’azienda avere anche un blog, su cui può postare le proprie novità che poi condivide sui social. Così si fa essa stessa autrice di condivisione, entrando in un’ottica internettiana positiva e coinvolgente, e al tempo stesso si fa conoscere nella sua essenza più profonda.


#Social Play